Il primo approccio è abbastanza convenzionale, in fondo si tratta di ripetere i gesti abituali di quando si sale su una nuova moto da enduro: valuti la distanza della sella da terra, distendi le braccia sul manubrio, verifichi che la posizione di guida sia quella che ti saresti aspettato e giri la chiave a lato del cruscotto digitale. A questo punto però ti accorgi che alcune tue certezze cominciano a vacillare: inutile cercare la pedivella della messa in moto o il pulsante d’avviamento perché, semplicemente, non ci sono. In realtà la moto è già accesa ma non la senti… silenzio assoluto. Solo la luce azzurra del quadro strumenti e uno strano indicatore a led su quello che sembrerebbe il tappo del serbatoio ti suggeriscono che il “mezzo” sta funzionando. Allora provi a ruotare la manopola del gas e, come per magia, quella moto da enduro con le ruote un po’ più piccole del normale scatta svelta in avanti accompagnata da un leggero sibilo che probabilmente con un casco chiuso è difficile percepire.
Queste in sintesi sono state le mie prime sensazioni in sella alla Quantya, la prima moto da fuoristrada elettrica disponibile sul mercato italiano. Costruita in Svizzera – ma con abbondante uso di componentistica italiana – è disponibile nelle versioni cross ed enduro, quest’ultima omologata per la circolazione su strada e guidabile anche con la sola patente B. Ho avuto l’occasione di provarla al Torino Motorfest 2009 grazie alla cordiale disponibilità di Paolo Proverbio di Dego Motorsport, distributore per l’Italia di Quantya, che ci ha concesso anche una breve intervista (alzate il volume perché purtroppo il rumore di fondo è abbastanza alto).
Le impressioni alla guida della Quantya sono positive: le dimensioni compatte e la leggerezza danno subito confidenza. Personalmente mi ha un po’ disorientato la scelta di posizionare il freno posteriore al manubrio al posto della frizione, avrei preferito il classico comando a pedale che trovo molto più intuitivo. Ovviamente è il motore elettrico l’aspetto più interessante di questo mezzo: la potenza non è molta ma il tiro è deciso già al minimo grazie alla curva di coppia assolutamente piatta tipica di questi motori. Non mi dispiacerebbe avere l’opportunità di provarla su un vero percorso enduristico per saggiarne le doti di guida anche in condizioni un po’ “estreme”.
Alcune foto di questo articolo sono opera di Lorenzo Cargiolli, il video dell’intervista è stato realizzato da Marco Molinari. Le foto e i video che compaiono in questo post non possono essere riutilizzati senza l’esplicito consenso dei rispettivi autori